#Comunicazione

Brand Activism: non basta dire, ora serve fare!

Greta Lazzarotto
Greta Lazzarotto
ottobre 2022 - 3 minuti

Brand Activism: cos’è?

Ogni giorno raccontiamo Il Brand Activism ovvero l’attivismo di Brand è l’impegno del Brand verso una o più cause di rilevanza sociale, ambientale, politica, economica.
Non essendo più oggi l’azienda un sistema chiuso, essa comunica ed entra in relazione con molti altri soggetti. È necessario allora parlare di diplomazia di brand in cui sono in bilico relazioni ed equilibri tra soggetti diversi, passare da una prospettiva marketing-driven a una society-driven, dove il profitto dell’azienda non è più il solo e unico scopo.
L’espressione del Brand Activism può avere diverse forme: campagne di comunicazione, iniziative, progetti ad hoc, ma anche scelte di business e aziendali, come attenzione ai propri dipendenti, apertura o chiusura di sedi in certi mercati e Paesi. Ne sono un esempio le 600 aziende, tra multinazionali e non, che hanno deciso di lasciare la Russia dopo l’inizio della guerra. Prendere una posizione così netta, decisa ed impattante anche a livello economico non è però sempre facile, ne è stato un esempio Nestlè che se da una parte ha pubblicato contenuti in sostegno al paese governato da Zelensky, dall’altra si è poi rifiutata di abbandonare il mercato russo con conseguenze di immagine e boicottaggi da parte dei consumatori.
Ed è proprio questo uno dei problemi dello schierarsi e prendere posizione online sostenendo cause sociali, ovvero il mismatch tra parole e azioni, la non coerenza del tema sostenuto dal brand e i suoi valori e azioni.

L’attivismo di brand viene infatti distinto in regressivo o progressivo. Il primo si riferisce a brand di prodotti controversi che sostengono cause non confermate dalle proprie attività, si pensi a grandi brand di tabacco, alcolici, fast fashion che si impegnano nel sociale, salute o ecologia.
Gli effetti di questi discrepanze, se in un primo momento possono anche ripulire l’immagine o minimizzare la percezione dei danni reali che causano queste industrie, finiscono per impattare sul processo decisionale che porta all’acquisto, in quanto i consumi tendono ad essere sempre meno solo funzionali e sempre più soprattutto identitari.
Il Brand Activism progressivo invece vede protagoniste le aziende che si schierano e agiscono a favore di quelli che sono reputati passi avanti per la vita associata o proponendosi come promotori di nuove idee, nuovi interessi totalmente in linea con i valori del brand, ed proprio a quest’ultimo che è bene tendere. Non deve essere un modo per aumentare le vendite o l’equità del marchio.

Come gestire la comunicazione durante guerre o situazioni di crisi

Chi lavora nel campo del marketing non ha potuto esimersi dal chiedersi se e come affrontare il tema della guerra Russia-Ucraina nella comunicazione di brand.

Molte aziende si sono chieste, e ci hanno chiesto, come comportarsi sulle loro piattaforme social: parlarne, schierarsi, postare, bloccare le campagne, ignorare, tacere?

Non fare riferimenti al conflitto in questo caso, ma in generale durante le diverse crisi che possono susseguirsi negli equilibri mondiali, potrebbe sembrare un atto di superficialità. Ignorare un problema grave continuando a postare il proprio piano editoriale come nulla fosse con l’obiettivo ultimo del profitto, specialmente durante una guerra, potrebbe comunicare un’idea frivola e poco sensibile del brand.
Allora ecco che il contesto diventa un aspetto fondamentale da tenere in considerazione.
Sempre più rilevante la consapevolezza di cosa, come e quando i nostri contenuti digitali vengono rilasciati, che siano campagne o organici. Facendo attivismo di brand bisogna tenere conto dell’importanza della brand identity, la storia e i valori aziendali. L’internazionalizzazione ha un peso sempre maggiore, specialmente per i grandi brand, ed è ormai irrinunciabile la componente di programmazione strategica del marketing.

D’altro canto appropriarsi ed affrontare tematiche lontane dai valori di un’impresa potrebbe essere percepito come un desiderio di accaparrare like in più, con l’ennesimo post sul tema del giorno.
Basti pensare a quel che è successo a Kylie Jenner. L’imprenditrice è stata criticata per aver pubblicato una Instagram story in cui esprimeva solidarietà all’Ucraina a cui è seguita, a poche ore di distanza, una story di promozione del suo rossetto.
“I brand devono essere consapevoli del contesto, del tono e del momento in cui appare il loro advertising”, afferma Dave Barnett, responsabile della campagna di comunicazione della catena di ristoranti Applebee, apparsa come split screen anche durante le dirette della CNN da Kiev: “Non riguarda solo la relazione più o meno diretta tra quel brand e il conflitto o ogni altro evento. Il contesto è prioritario, questo è sempre stato vero e oggi lo è ancor di più”.

Come comunicare bene il Brand Activism

Serve una profonda conoscenza del brand, bisogna capire su quali temi esporsi: farlo su tutto è sbagliato. Le aziende devono parlare di ciò che conoscono e di ciò in cui credono, pena il rischio di risultare fasulli. Insomma, parlare della guerra senza azioni concrete, o senza una vera vicinanza a questi temi può risultare controproducente, facendo ricadere la comunicazione in quello che si definisce attivismo performativo: sostenere qualunque causa non per vero credo, ma per ottenere un ritorno di visibilità legato all’attualità della tematica trattata.

Contesto, pertinenza e autenticità… parole chiave oggi più che mai.

Sappiamo che i marketer adorano i framework e le 5P del marketing sono ben note a tutti i brand manager. Jay Curlay, responsabile globale del marketing integrato di Ben & Jerry’s illustra allora le 6P del brand activism:
PURPOSE (SCOPO): i valori fondamentali
L’attivismo aziendale non è guidato dai valori dei tuoi clienti o dai problemi a cui tengono. È guidato dai valori del tuo marchio e dalle cose a cui tu e la tua azienda tenete. Perché esiste la tua azienda e quali sono i tuoi valori fondamentali? Sii chiaro sui tuoi valori: assicurati che siano radicati in qualcosa di reale e che possano resistere alla prova del tempo.
POLITICA: cambiamento tangibile
Sostieni i cambiamenti delle politiche reali che affrontano la causa principale dei problemi. Non perseguire azioni vuote che non supportano e si allineano con movimenti più ampi. Sii trasparente e sii diretto nel chiedere ai tuoi clienti di seguirti.
PERSONE – del movimento
I tuoi dipendenti devono davvero credere ed essere collegati ai problemi e ai movimenti che miri a sostenere. Devono essere appassionati nel creare il cambiamento. Questo lavoro non può essere interamente affidato ad agenzie.
POTENZA: risorse
Le aziende hanno un potere e un’influenza importanti sui responsabili politici, sui media e sui consumatori. Ciò include esperienza nella ricerca sui consumatori, marketing delle prestazioni, sviluppo creativo di livello mondiale e budget elevati. Sfruttiamo tutto questo per migliorare il mondo, non solo per vendere più cose.
PUBLISHING: storytelling Usa la tua voce e i tuoi punti di contatto con i consumatori per la narrazione continua e i contenuti creativi che coinvolgano i tuoi consumatori in questi movimenti. Offri un facile accesso alla partecipazione, come firmare una petizione o partecipare a una marcia.
POP CULTURE: rilevanza
Usa il posizionamento e il tono del tuo marchio per differenziarti dal panorama mediatico. La tua connessione con i tuoi consumatori può aiutarti a guidarli verso i movimenti e il tuo supporto può rendere il tuo marchio impattante.

Ben & Jerry’s non è l’unico brand con questo approccio innovativo. Aziende come Patagonia e Lush Cosmetics utilizzano la loro attività, comunicazione online e marketing per educare, ispirare e motivare i propri consumatori. Abbiamo visto come schierarsi o tacere sono entrambi una forma di comunicazione a cui è ormai diventato impossibile esimersi. Non c’è una giusta formula sul cosa fare in situazioni di crisi e tensioni fuori dall’ordinario, ma basta tenere a mente l’importanza di contesto, pertinenza e autenticità.